La stanza singola lunga e stretta puzza di chiuso, le spesse tende, a fantasia orribile, mi nascondono la notte. Il copriletto maledice la sua sorte su questo letto schinchenico, l’armadio si tiene stretto grucce di plastica e desolati ripiani di formica bianca.
La televisione si arrabatta sulla scrivania grigia accanto al telefono beige, che era vecchio gia’ nel 1987.
Apro la finestra, almeno sono in alto. Un terrazzino mi proietta verso uno spicchio anonimo di citta’. I riflettori di uno stadio di calcio, una chiesa, un bistro’ senza pretese, in una mansarda si apparecchia la tavola per cena.
Parigi mi e’ sfilata davanti per sbaglio.
Non so bene dove mi trovo, spedito a caso in un hotel periferico di cui non ricordo l’indirizzo.
La tv rimanda immagini sfuocate in sedici noni del werder brema.
La cornetta della doccia pende dal patibolo. Non ho le ciabatte, merda. Non erano previste nel mio nuovo zaino da 30 litri per viaggi brevi che, invece, contempla inutili scarpette da corsa da pronatore.
Scendo solo per strada, il blackberry nella mano sinistra, un romanzo indiano in quella destra. Scarpe scomode ai piedi.
Non parlo francese, credo di essere in un quartiere universitario. Lo giro a caso alla ricerca di un ristorante che potrebbe piacere anche alla signora K. Mangero’ anch’io agnello al forno.
Mi muovo a caso, stordito dalla stanchezza, perlustro vetrine, menu’ e persone fumando sigarette poco convinte.
Non fa freddo, mi siedo fuori. Dentro da solo al tavolo nò, non mi va. Bevo vino rosso forte.
Il bberry mi mostra la posizione sul satellite e m’innonda di mail. Babo, nel frattempo, ha deciso che vuole passare la vita con Sean e lei e’ pronta a partire per Madras.
Ho arretrati di chiamate non risposte. Non ora.
Un altro bicchiere di rosso. Mi manca Tony Pagoda, sarebbe il compagno perfetto per questa notte di fine settembre.
Ritorno verso l’albergo con chiave magnetica, stanza 605 senza frigo bar. Compro due bottigliette d’acqua e una mela rossa, siamo in stagione.
Mordo la polpa farinosa disteso sul letto, ancora l’abito blu sgualcito addosso, mentre un bambino con la maglia dell’Inter dribla sfuocato nell’unico canale Tedesco della televisione francese.
Punto due sveglie alle sei e 45.
“congratulations, per il tuo nuovo incarico….” Rileggo sul piccolo schermo di ‘sto coso che non so usare. Dormo con i calzini.
Aspetta primavera Krugman.
Pagine
-
Articoli recenti
Blogroll
Uncategorized
Letti di più
MICA E’ GIORNALISMO QUESTO EH!
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. Nulla di quanto scritto in queste pagine corrisponde al vero, ogni considerazione è il frutto malato dell'immaginazione dell'autore. Emilio Krugman non esiste, nè corrisponde al vero.Commenti recenti
Gian su DOVE ERAVAMO RIMASTI, EMI… Calator prin Romania su Questa e’ una questione… olivia denari su MA COME CAZZO FAI A VIVERE IN… Alessandro su MA COME CAZZO FAI A VIVERE IN… Piergi su DOVE ERAVAMO RIMASTI, EMI… quanti passano da casa Krugman
- 116.756 hits
-
Unisciti a 8 altri iscritti
aprile: 2024 L M M G V S D 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 Categorie